Stasera vi offro il commento di padre Vanhoye alla Prima Lettura della s. Messa di oggi (Col 3,1-11).
«Nella prima lettura di ieri Paolo ci ricordava che siamo stati sepolti con Cristo nel Battesimo e che siamo risorti con lui per la fede nella potenza di Dio; per questo ci invitava a sovrabbondare nel rendimento di grazie. Oggi egli ci indica un’altra conseguenza del mistero pasquale di Cristo: “Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù […], rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”.Che cosa significa questa esortazione di Paolo? Egli forse ci invita a pensare continuamente alla gioia del paradiso, trascurando gli impegni terreni? Questa sarebbe un’interpretazione sbagliata delle parole di Paolo. Certo, è bene per noi pensare alla felicità che Dio ci promette nel cielo, ma da ciò non segue che dobbiamo trascurare i nostri impegni sulla terra.Per Paolo, infatti, “le cose di lassù” non sono soltanto il paradiso e la felicità futura, ma sono anche e innanzitutto le cose spirituali presenti, ciò che nella Lettera ai Galati egli chiama “il frutto dello Spirito”, cioè amore, pazienza, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (cf Gal 5,22).Per noi cristiani la vita eterna non è soltanto una speranza futura, ma è già iniziata qui sulla terra. È la vita nuova che noi possediamo già dal Battesimo e che siamo chiamati a sviluppare nel corso della nostra esistenza. Quindi con l’espressione: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”, Paolo ci invita a cercare, nella nostra vita concreta, i veri valori: non il denaro, il piacere e il potere, ma l’amore, la pace e la mitezza, la comunione con tutti.Paolo ci ricorda che il mistero pasquale si deve attuare nella nostra vita di ogni giorno: c’è una parte del nostro essere che deve morire, e una parte che deve crescere. Egli afferma: “Fate dunque morire ciò che appartiene alla terra”; e poi spiega che cosa dobbiamo evitare: innanzitutto i disordini nel campo della sessualità (“impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi”); poi la ricerca del denaro, verso la quale egli ha parole molto dure, definendola “quella cupidigia che è idolatria”; e ancora tutte le cose che si oppongono alla comunione fraterna, cioè “ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni”. Alla fine l’Apostolo ammonisce: “Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato”.Il cristiano non è chiamato a evadere dal mondo, ma a trasformare positivamente il mondo, dando ad esso i veri valori. Egli lo può fare grazie alla forza straordinaria che proviene dalla risurrezione di Gesù. Per Paolo, non ci sono parole adeguate per esprimere tale forza, di cui ora noi disponiamo. Dobbiamo essere convinti che Gesù mette a nostra disposizione la sua potenza di Risorto, perché anche noi possiamo vincere il male e la morte; perché anche noi possiamo, in lui, rinnovare il mondo nell’amore. Il nostro cuore non sarà mai abbastanza aperto per accogliere tutta questa forza trasformatrice che proviene dalla croce e dalla Risurrezione di Gesù» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume III – Tempo ordinario/2, Edizioni AdP, Roma 2015, pp. 124-125).
A questo passo di san Paolo sono molto affezionato per vari motivi. Anzitutto perché i primi versetti coincidono con uno dei due brani che la Chiesa ci offre nella s. Messa del giorno di Pasqua. Insomma è un passo prezioso perché siamo aiutati da san Paolo a comprendere meglio il punto centrale della nostra fede.C’è sempre il rischio che noi cristiani perdiamo l’equilibrio: o badiamo solo a questa terra o evadiamo dagli impegni terreni.A me interessano altri due aspetti: capire che il punto essenziale della Pasqua non è semplicemente che Gesù è risorto e anche noi risorgeremo, ma conta l’effetto che Gesù produce ogni giorno per noi oggi, qui.Infine, c’è un altro aspetto che ritengo di un’importanza enorme dal mio personale punto di vista, proprio perché ho dedicato la mia vita allo studio e all’insegnamento della teologia morale, in quasi totale contrasto col pensiero non solo del “mondo”, ma di vasti settori della nostra povera Chiesa (soprattutto negli ultimi tristissimi anni). Non si tratta di mettere da parte le esigenze morali del Cristianesimo, illudendoci che così possiamo attirare (falsi e illusi) discepoli di Gesù, ma di fare esperienza che la morale cristiana è, sì, esigente, anzi inattuabile, se contiamo sulle sole forze umane, ma tutto appunto scaturisce dalla infinita Potenza del Risorto, Potenza che è messa a nostra disposizione. Perciò io provo pena da sempre per chi si confessa raramente (per raramente intendo meno di una volta al mese) o si limita a comunicarsi al massimo una volta alla settimana. Immaginate un atleta che si allena o mangia un volta alla settimana?Se la parrocchia, che Gesù mi ha donato proprio ieri, è dedicata alla “Madonna delle grazie”, tutto questo non può non ricordarmi il rapporto tra la Grazia e la libertà, che è poi al centro del mistero dell’Annunciazione (non posso non pensare all’immagine che ho posto sulla copertina del Manuale).