07-10-2023

Stasera vi spedisco, come al solito, il commento di Fabio Rosini al Vangelo di questa domenica. Sono riflessioni forse ancora più acute e intense del solito. Ci viene proposto un buon esame di coscienza. C’è anche una “bella” definizione di prete “zitello”. Ho molte puntualizzazioni da fare, ma penso che ve le regalerò domani.

 

XXVII domenica del Tempo Ordinario

Mt 21,33-43

 

«La parabola dei vignaioli omicidi è tragica e inquietante, ma è saggio considerarla con attenzione, anche se di sicuro non è nei primi posti nelle scelte, ad esempio, dei matrimoni. Questo non è quel tipo di testo che in genere un sacerdote desideri commentare …e si sbaglia. Vediamo perché.

È la storia di un padrone che dota una vigna di tutto quel che serve per essere ben coltivata. Questa è una citazione di un passo di Isaia che troviamo nella prima lettura. In quel caso era la vigna stessa che produceva frutti amari, mentre Gesù sposta l’attenzione sui contadini cui la vigna è affidata, i quali ne gestiscono i frutti in modo disonesto e violento.

In Isaia la cattiva risposta della vigna si risolve in un annuncio di sventura. Spesso nel Nuovo Testamento questo tipo di tono sparisce, ma non qui, dove Gesù rimarca con rinnovata durezza quelle minacce, che ora sono rivolte non più a una vigna simbolica, ma a vignaioli criminali.

A cosa serve tutto questo?

C’è da domandarsi una cosa: il padrone, che è il Padre celeste, ha diritto di chiedere frutti? Pensiamoci bene: Dio ha diritto di bussare alla mia porta e chiedermi cosa sto facendo della vita che mi ha regalato? Dio ha diritto di vagliarmi e chiedermi se sto corrispondendo ai doni che mi ha fatto? È giusto che il Signore chieda frutti a tutta la sua Chiesa, che è la sua vigna?

Prima di rispondere, proviamo a fare un’altra domanda: ma Dio viene davvero a chiedere frutto?

Sì. Molte volte.

Bussa alla mia porta in tutti quelli che mi circondano e mi chiedono di dare frutto, come uomo, come fratello, come padre, come cristiano, come prete o quel che sia. Mille volte Dio sta nascosto in un figlio che chiede di entrare nella sfida paziente della relazione, o in un parente anziano o malato che con la sua esistenza chiede: c’è un po’ di amore per me nel tuo cuore?

Dio ha piantato tanto nella vita di tutti noi. Siamo stati amati, perdonati, accolti e abbiamo ricevuto molto… per arrivare all’amore.

Un coniuge chiede frutto, un amico chiede frutto, ed è giusto perché la gente ha diritto, ad esempio, di trovare in un prete un uomo di Dio e non uno zitello individualista e narciso; e una bimba ha diritto di trovare in una madre una donna adulta che si sappia trascendere e che le insegni la tenerezza. Quando qualcuno non trova questo nel suo prete o in sua madre, se si lamenta, ha ragione.

Ci sono dei frutti che la stessa umanità chiede a buon diritto di fornire.

Ma poi ci sono i doni della Vigna del Padrone, che è il suo Popolo santo, la missione che ci affida e tutto quel che ci è dato come cristiani.

Il mondo chiede conto alla Chiesa dell’amore di cui parla, se non siano chiacchiere.

Vale la pena di misurarsi con la serietà di questo testo, perché dare i frutti è la nostra felicità più grande e, di contro, ragionare in modo rapace e autoreferenziale come quei contadini vuol dire trasformare la vita in una porcheria.

Siamo nati per amare e solo l’amore vero, che viene da Cristo, ci può dare gioia vera. È bello dare frutto» (Rosini Fabio, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico A, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 200-202).