Pensiero serale 10-05-2025

Vi spedisco il commento di don Fabio al Vangelo di questa IV domenica di Pasqua (Gv 10,27-30).L’analogia della pecora e del pastore illumina il rapporto tra Dio e noi: le pecore riconoscono la voce del pastore e trovano pascolo, aiutate dalla sua guida. Cosi anche in noi il senso dell’ascolto è vitale: per la fede è il più importante dei cinque sensi dato che la relazione con il Signore è veicolata dalla ricezione della sua Parola. In ebraico il verbo “obbedire” non c’è, ma si usa il verbo “ascoltare”, perché il vero ascolto implica l’apertura autentica a ciò che l’altro sta dicendo.Ma per Gesù questo ascolto introduce al livello più profondo, quello del “conoscere”, che in ebraico non vuol dire avere delle informazioni, ma essere in relazione intima con qualcuno. Essere conosciuti da Gesù significa sperimentare intimità con Lui, ed è questo che porta a seguirlo. Quanto è bello quando qualcuno ci capisce profondamente! L’amore implica comprensione e capacità di percepire cosa c’è nel luogo più interno dell’altro, nel suo cuore. Gesù ci conosce – anche se noi non conosciamo pienamente noi stessi – ed è Lui in definitiva, che ci sa rivelare la nostra vera identità.Noi siamo cristiani non perché siamo banalmente d’accordo con ciò che dice Gesù, ma perché ci siamo sentiti conosciuti da Lui, e il seguirlo fluisce naturalmente dall’ascoltare la sua Parola e sperimentare la relazione con Lui, che è qualcosa di indelebile e ci segna in modo permanente e bello.Dalla memoria delle occasioni in cui ci siamo sentiti visitati e compresi dal Signore deriva la nostra stabilità. Se riusciamo a mantenere vivo nei nostri cuori il ricordo di tali momenti, nessuno potrà squassarci, perché siamo quelle pecore che “non andranno perdute in eterno”; infatti l’eterno è entrato in noi attraverso la Parola che abbiamo ascoltato e celebrato nei sacramenti.Che io sia debole e miserabile conta meno del fatto che Gesù mi ha amato veramente, e nessuno può cancellare questo fatto che è scritto nel mio cuore.E c’è di più: conoscere Gesù è conoscere il Padre, ossia Colui che è “più grande”. C’è sempre una certa ansia in agguato nei nostri cuori, ma essere pecore di Gesù vuol dire, appunto, fare esperienza del Padre che “è più grande di tutti”, e nessuno può strappare niente dalla mano del Padre.San Paolo dice: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8,31). Nessun potere in cielo e in terra, morte compresa, può separarci dall’amore di Dio.Noi siamo abituati a torturarci con ansie inutili, come pecore che si allontanano dal pastore per affermare la propria autonomia, finendo così per ridurre la nostra esistenza a una grande fatica caotica.Ma ci spetta di vivere uniti alla semplicità stessa di Dio, nascosta in quella grandiosa frase finale – “Io e il Padre siamo una cosa sola” – che dischiude alla comunione senza parentesi e alla completa unità che è l’amore e che è il segreto di Dio.Siamo nati per accogliere una Parola che ci fa sentire conosciuti e ci porta a quella unione che solo l’amore di Dio sa creare. Con Lui. E fra noi» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico C, San Paolo, Cinisello Balsamo 2024, pp. 110-112).Sono riflessioni molto ricche e perciò mi limito a proporvi di esaminarvi su un “piccolo” punto. Questa profonda unione con Gesù la traduco in impegni quotidiani precisi o rimane qualcosa di teorico o emozionale? Concretamente mi rendo conto che amo Gesù, se lo servo nei miei fratelli e nella Chiesa (che è il Corpo di Gesù)?