Pensiero serale 13-06-2025

Ho pensato di non continuare la riflessione iniziata ieri, perché mi è sembrata preziosa la meditazione di padre Vanhoye su sant’Antonio. Il commento, che stasera vi spedisco, applica in modo bellissimo al santo portoghese un passo famoso del profesta Isaia (Is 61,1-3). In realtà Gesù applica a se stesso il messaggio di Isaia (cfr. Lc 4,16-21). Chi può, legga e mediti bene questi passi biblici e poi passerà a vedere il commento del biblista.«Per un apostolo del Signore è un grande privilegio potersi riconoscere nel magnifico testo di Isaia che Gesù ha applicato a sé nella sinagoga di Nazareth: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18). Oggi la liturgia applica questo testo a Sant’Antonio di Padova. Veramente lo Spirito era su Sant’Antonio di Padova, il quale ha portato il lieto annuncio, il Vangelo, ai poveri con un frutto straordinario. E ha anche fasciato le piaghe dei cuori spezzati, ha annunciato la liberazione dei prigionieri in modo così luminoso ed efficace che è stato canonizzato appena un anno dopo la sua morte. Questo è un fatto che oggi sarebbe impossibile, ma che ci fai capire quanto profonda fosse la venerazione del popolo cristiano per Antonio.In questo testo di Isaia, possiamo sottolineare l’annuncio di libertà, che ci mostra lo Spirito all’opera come Creatore, così come lo invochiamo nell’inno di Pentecoste “Veni Creator Spiritus”. Tutti siamo prigionieri di tanti condizionamenti che provengono dal nostro carattere dalla mentalità del mondo dall’ambiente in cui viviamo dal nostro stato di salute dei rapporti interpersonali non sembrano armoniosi e tutti cerchiamo di esserne liberati. Ma la vera liberazione viene, in modo inatteso, dallo Spirito di Dio, il quale non risolve semplicemente i nostri problemi, ma li supera conducendosi a un livello diverso e più alto.Possiamo riconoscere, nella vita di sant’Antonio, questa azione dello Spirito. Antonio sarebbe potuto rimanere profondamente deluso e angustiato per il fatto che tutti i suoi progetti erano stati sconvolti. Voleva essere missionario, voleva addirittura morire martire; per questo si era imbarcato per andare fra i musulmani; ma il suo viaggio non raggiunse la meta: invece di sbarcare nei paesi arabi, sbarcò fra i cristiani, in Sicilia, e poi rimase in Italia. Egli avrebbe potuto passare il resto della sua vita a compiangere se stesso, pensando: “Non ho potuto realizzare la mia vocazione!”.E invece, Antonio fiorisce là dove il Signore lo ha inaspettatamente piantato: in Italia comincia subito a predicare, a fare tutto il bene che può, e così acquista una fama straordinaria. Questo sta a indicare che lo Spirito lo ha liberato da una serie di ostacoli che lo potevano condizionare, e che egli ha trovato il suo carisma adattandosi alle circostanze impreviste della sua vita.Allo stesso modo lo Spirito vuole liberare anche noi e renderci artefici di liberazione per gli altri. Se siamo docili a lui, lo Spirito dirigerà anche il nostro carattere e le nostre capacità, non sopprimendole, ma utilizzandole al meglio.Lo Spirito Santo ci offre la liberazione anche quando i nostri progetti vengono ostacolati per un motivo o per un altro. Ad esempio, se abbiamo una salute malferma, potremmo continuamente lamentarci perché non possiamo operare per il servizio del Signore. Ma se siamo docili allo Spirito, egli ci farà camminare liberi come i tre giovani in mezzo al fuoco di cui parla il profeta Daniele (cf. Dn 3,51); cioè, egli ci farà sfruttare persino gli ostacoli che incontreremo, e i nostri stessi limiti, per la gloria di Dio, e anche per aiutare gli altri e far loro del bene.Lo stesso accade quando le difficoltà sono esterne, provengono dagli altri, da decisioni altrui che sono contrarie a ciò che noi vorremmo fare. Se preghiamo lo Spirito Santo, egli ci farà trovare sempre la sua soluzione divina, apportatrice di grande fecondità spirituale e apostolica. Ma per ottenere questa liberazione ed esserne gli annunciatori, abbiamo un bisogno assoluto della preghiera: non una preghiera meccanica, formale, ma una preghiera sincera, perseverante, fiduciosa, di docilità allo Spirito, che rende l’animo aperto alle soluzioni divine. La soluzione che lo Spirito ci suggerirà sarà sempre una soluzione di liberazione, che non ignorerà le circostanze concrete, ma ce lo farà superare e creerà davvero una realtà nuova spirituale, una “nuova creazione”. Come dice Paolo, “se uno in Cristo è una nuova creatura” (2 Cor 5,17), prodotta dallo Spirito creatore» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola. Volume quarto – Solennità e santi, Edizioni AdP, Roma 2015, pp. 59-61).A me queste riflessioni sono sembrate utilissime per molti motivi. Siamo aiutati a capire che significa essere cristiani (tema da me accennato ieri); possiamo capire meglio in cosa consiste l’azione dello Spirito in noi. Infine, siamo illuminati su un tema che ritengo davvero decisivo per un incontro fecondo tra Vangelo e cultura. Sappiamo bene come oggi è molto sentito il tema della liberazione (pensiamo al 25 aprile e ai temi legati alla sessualità e alla donna). Ebbene, io sono sempre più sicuro che un cristiano, che voglia davvero essere discepolo del Signore, deve saper pensare secondo Dio proprio su un tema di importanza capitale come la libertà (e la liberazione).