Giovedì scorso ho espresso solo in parte il mio pensiero a partire da un interrogativo dal valore decisivo: “in che consiste l’essere cristiano?”. Ora esprimerò in modo più compiuto il mio ragionamento. Premetto che sono riflessioni né brevi né facili e, quindi, come sempre, resto a disposizione per chi desidera ulteriori chiarimenti.A partire dalla Prima Lettura (2 Cor 3,15-4,1.3-6) forse ricorderete che avevo parlato dei “cristiani anonimi” e del saggio di Benedetto Croce “Non possiamo non dirci cristiani”. Io, dopo anni di preghiera e studio, sono giunto alla conclusione opposta a tutto questo.La sintesi di ciò che ho capito l’ho trovata nell’umanesimo cristiano di Paolo VI e in una frase stupenda del Concilio Vaticano II: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo” (Gaudium et spes, 41). In altre parole, a me non interessa Gesù semplicemente perché mi ama, perché è generoso, perché ha detto belle frasi, ma perché egli è la Verità su Dio e di conseguenza sull’uomo. Vi segnalo una frase del Vangelo di questa domenica: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (Gv 16,13). Se non accetto Lui, se non seguo Lui, se non sono unito a Lui, se non mi trasformo in Lui, io non perdo “semplicemente” il mio essere cristiano, ma io perdo in umanità, non mi realizzo come uomo. In altre parole, è importante capire che tutto questo è strettamente legato con la vera realizzazione dell’uomo, con la felicità sulla terra e con la pienezza o il fallimento nell’altra vita. Tutte queste riflessioni sono emerse prepotenti nel mio cuore e nella mia mente meditando sulla Prima Lettura della s. Messa di giovedì scorso, grazie anche al commento di padre Vanhoye, in particolare mi ha colpito la frase contenuta in 2 Cor 3,18 («Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore»), collegata con Gen 1,26 («Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza»), testi che ovviamente vi esorto fortemente a meditare. Così capiamo il legame tra cristologia e antropologia, e ci colleghiamo con l’azione dello Spirito Santo (ancora 2 Cor 3,18) e con l’immensa importanza dell’ “essere trasformati”. Perciò è meravigliosa la Sequenza che abbiamo recitato domenica scorsa, caratterizzata appunto dalla trasformazione («Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. […] Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò ch’è sviato»). Per tutti questi motivi io ho sempre preso le distanze da certe affermazioni: “Accettami come sono” oppure “Il pastore deve odorare dell’odore delle pecore”. Gesù è venuto a trasformare, sanare, redimere interamente l’uomo, ogni uomo.Le mie possono sembrare riflessioni astratte, accademiche, lontane dai problemi quotidiani. Invece, è proprio il contrario. Accettare o rifiutare quanto ho detto finora comporta conseguenze dal valore decisivo.Ovviamente chi ha idee confuse sullo “specifico cristiano”, non capirà la differenza tra matrimonio civile e religioso, tra l’essere battezzati o meno, penserà di incontrarsi con Dio direttamente anche senza sacramenti, non darà alcuna importanza alla formazione, alla Parola di Dio, pregherà quando si sente, penserà che amore umano e cristiano sono identici, affermerà una carità cristiana ridotta a filantropia, arriverà a dire che speranza umana e cristiana sono sinonimi, che “convertirsi” è parola senza senso… (oppure ridotta alla dimensione ecologica o pastorale, proprio per essere accettati dal “mondo”).Se viene meno questo discorso, saltano l’impegno missionario e il desiderio di convertire le persone (squalificato e deriso come “proselitismo”), perdiamo lo specifico della vita cristiana nell’amare, nel perdonare, nel modo di concepire il matrimonio, la vocazione, l’unità, il denaro, il lavoro, la sofferenza e la morte.In estrema sintesi, stare con Gesù oppure no, combattere il peccato oppure no, vivere in Grazia oppure no, è davvero questione di vita o di morte (vi segnalo Dt 30,15-20). È un appello importantissimo alla nostra libertà. Dio mi rivolge un appello appassionato col suo Amore. Io come rispondo?