Le letture della s. Messa di oggi sono molto impegnative e il commento, che vi spedisco, richiede certamente molto lavoro a ciascuno di voi. Prego per voi perché il Signore vi doni perseveranza nel sapervi cibare della sua Parola, destinata a trasformare la nostra vita.
«Gesù ci mette in guardia contro coloro che, proclamandosi profeti, non trasmettono la sua parola: “Guardatevi dei falsi profeti”. Questi non sono precursori di Gesù, non preparano la sua venuta, non sono servi del Buon Pastore, ma sono lupi rapaci che si travestono da pecore.
Anche ai nostri giorni ci sono persone che proclamano messaggi presentandoli come messaggi di salvezza, mentre in realtà sono parole che conducono alla perdizione: sono quelli che parlano di libertà e di morale permissiva; sono quelli che parlano di giustizia, ma spingono alla violenza. Tutti costoro si travestono da pecore, cioè mostrano all’esterno intenzioni buone; Gesù però ci avverte: “Dai loro frutti li riconoscerete”. I predicatori di libertà, che proclamano l’emancipazione di ogni autorità; che pretendono di portare la vera libertà e di sopprimere l’odiosa schiavitù, in realtà conducono ad altre schiavitù – ad esempio quella della droga e del sesso -, perché il loro messaggio non poggia sul vero fondamento, che è il mistero pasquale di Gesù. I loro frutti sono frutti di morte, di degradazione.
Noi invece vogliamo ascoltare la voce di Gesù, che ci rende veramente liberi. Paolo scrive: “Cristo ci ha liberati per la libertà!” (Gal 5,1). Non dobbiamo rinnegare l’aspirazione alla libertà che Dio stesso ha messo nel nostro cuore, ma dobbiamo avere chiarezza sul modo in cui trovare la vera libertà. Essa non può essere raggiunta abbandonandosi a tutti gli istinti, bensì ordinando gli istinti in modo da favorire l`aspirazione umana più profonda, che è l’amore vero.
Tanti profeti oggi proclamano di voler portare la giustizia alla nostra società. Questa è un’aspirazione buona, ma che può anche nascondere intenzioni da lupi rapaci, che vogliono divorare e uccidere. Lo constatiamo quando, in nome della giustizia, vengono commesse violenze di ogni genere.
Dobbiamo lavorare per la giustizia con perseveranza, ma in modo coerente con il vero ideale di giustizia, che si persegue non con la violenza e con l’oppressione, bensì con l’amore, la benevolenza, la mitezza e la costanza. Tutti i frutti dello Spirito (cf. Gal 5 ,22) conducono alla vera giustizia di Dio. Dobbiamo saper fare un discernimento, cercando sempre la via del Signore, che ci fa evitare gli eccessi opposti e ci dà il vero equilibrio: quello della vita nuova, della vita del Cristo risorto, della vita di fede.
Nella prima lettura, Abramo ci viene presentato come modello di fede; dice il testo: “[Abramo] credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia”. In questa pagina della Scrittura, che ha suscitato profonde riflessioni di Paolo e che lascia già intravedere il mistero di Gesù e di tutta la vita cristiana, notiamo la speranza di Abramo, la sua fede e anche la sua adesione al mistero dell’amore di Dio.
Abramo ascolta il Signore, il quale gli dice: “Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande”. Così il Signore ravviva la speranza in Abramo, il quale sente il peso di una situazione dolorosa e priva di sbocchi per il futuro. Per questo egli si lamenta con Dio: “Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede” Il Signore però gli promette: “Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato date sarà il tuo erede”.
Poi Dio fa uscire Abramo, lo invita a contemplare il cielo e gli dice “Conta le stelle, se riesci a contarle. […] Tale sarà la tua discendenza”. Abramo crede, e la sua fede lo rende giusto. Le parole del Signore riguardano immediatamente Isacco, ma più profondamente si riferiscono a Gesù: l’erede di Abramo è Gesù; e la moltitudine dei figli di Abramo sono coloro che credono in Gesù e che saranno una cosa sola in lui (cf Gal 3,28; Rm 12 5; 1 Cor 12,27).
Abramo ha avuto fede in Dio. Anche noi dobbiamo ascoltare la parola di Dio che ci viene comunicata dai veri profeti, credere e trovare in essa la pienezza della vita.
In questo testo però non viene evocata soltanto la parola di Dio, ma anche la sua azione, che sancisce l’alleanza con Abramo. Il sacrificio misterioso, accompagnato da una manifestazione di terrore e insieme di speranza, è il segno profetico del sacrificio di Gesù, che stabilirà la nuova ed eterna alleanza.
Così Abramo è già misteriosamente introdotto nel mistero di Gesù, e lo sarà ancora più profondamente nel momento del sacrificio di Isacco. Egli ascolta Dio, e per la sua obbedienza vede già il giorno di Cristo e ne gioisce, come afferma Gesù nel Vangelo di Giovanni (cf. Gv 8,56).
L’esempio di Abramo ci conduce nella giusta direzione: quella della fede nella parola di Dio, e del frutto dello Spirito, che trasforma la nostra vita in modo conseguente alla fede» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume II – Tempo ordinario/1, Edizioni AdP, Roma 2015, pp. 215-217).
I temi sono moltissimi e, come sempre, cerco di essere disponibile alle vostre domande, se qualcosa non è chiaro. Non posso non ricordarvi che al tema della libertà è dedicato quasi tutto il mio Manuale, in particolare il cap. VII.
Padre Vanhoye ci spinge a riflettere sulla formazione della coscienza, esortandoci a non trascurare i temi etici. Non posso non pensare ad alcuni Vescovi, dai quali ho sentito parole gravissime su temi come l’aborto, la contraccezione e l’eutanasia. Sono ancora più amareggiato per le omissioni. Oggi molti falsi pastori omettono volutamente di trattare le questioni etiche un po’ per ignoranza, un po’ per il timore di perdere consensi (e carriera).
È importante vedere il collegamento di Abramo e Isacco con Gesù. È fondamentale, almeno gradualmente, studiare seriamente l’epistolario paolino. Vi raccomando, infine, di riflettere bene su cosa dice Vanhoye riguardo agli istinti.