Il Papa mercoledì scorso nell’Udienza generale ha commentato un passo del Vangelo (Mc 5,2-43) in cui vengono narrati due miracoli di Gesù. Siamo aiutati a comprendere l’importanza dell’Amore di Gesù, anche se raramente facciamo anche noi l’esperienza di azioni così potenti. Chiediamo allo Spirito di renderci conto del vero significato della virtù della speranza. Vi riporto solo alcune delle frasi pronunciate dal Santo PadreIn Gesù «c’è una forza che anche noi possiamo sperimentare quando entriamo in relazione con la sua Persona. Una malattia molto diffusa nel nostro tempo è la fatica di vivere: la realtà ci sembra troppo complessa, pesante, difficile da affrontare. E allora ci spegniamo, ci addormentiamo, nell’illusione che al risveglio le cose saranno diverse. Ma la realtà va affrontata, e insieme con Gesù possiamo farlo bene. A volte poi ci sentiamo bloccati dal giudizio di coloro che pretendono di mettere etichette sugli altri» (LEONE XIV, Udienza generale 25-6-2025).Al centro del brano evangelico ci sono due persone (una ragazza che sta per morire e una donna malata da dodici anni), ma il Papa ci invita a soffermarci anche sul padre della ragazza e commenta così: «Egli non rimane in casa a lamentarsi per la malattia della figlia, ma esce e chiede aiuto. Benché sia il capo della sinagoga, non avanza pretese in ragione della sua posizione sociale. Quando c’è da attendere non perde la pazienza e aspetta. E quando vengono a dirgli che sua figlia è morta ed è inutile disturbare il Maestro, lui continua ad avere fede e a sperare» (ivi).Ecco come viene descritto l’atteggiamento della donna malata. La sua è certamente una situazione diversa dalla nostra, ma probabilmente possiamo trarne un insegnamento prezioso: «Questa donna con grande coraggio ha preso la decisione che cambia la sua vita: tutti continuavano a dirle di rimanere a distanza, di non farsi vedere. L’avevano condannata a rimanere nascosta e isolata. A volte anche noi possiamo essere vittime del giudizio degli altri, che pretendono di metterci addosso un abito che non è il nostro. E allora stiamo male e non riusciamo a venirne fuori.Quella donna imbocca la via della salvezza quando germoglia in lei la fede che Gesù può guarirla: allora trova la forza di uscire e di andare a cercarlo. Vuole arrivare a toccare almeno la sua veste» (ivi).Quella donna fece una cosa molto semplice: toccò l’abito di Gesù. Il punto importante è che in quel momento Gesù era circondato da moltissime persone che ovviamente pure lo toccavano, ma solo la donna malata fece un’esperienza che davvero le cambiò la vita. Il Papa si basa su un commento di sant’Agostino (Sant’Agostino dice – a nome di Gesù –: «La folla mi si accalca intorno, ma la fede mi tocca») e continua così: «Ogni volta che facciamo un atto di fede indirizzato a Gesù, si stabilisce un contatto con Lui e immediatamente esce da Lui la sua grazia. A volte noi non ce ne accorgiamo, ma in modo segreto e reale la grazia ci raggiunge e da dentro pian piano trasforma la vita» (ivi)Ecco come è evidenziata la differenza tra quella donna e le altre persone. Ci vengono donate affermazioni che quasi ci obbligano a un forte esame di coscienza.«Forse anche oggi tante persone si accostano a Gesù in modo superficiale, senza credere veramente nella sua potenza. Calpestiamo la superficie delle nostre chiese, ma forse il cuore è altrove! Questa donna, silenziosa e anonima, vince le sue paure, toccando il cuore di Gesù con le sue mani considerate impure a causa della malattia. Ed ecco che subito si sente guarita. Gesù le dice: Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace» (ivi).Infine, il Papa commenta la risurrezione della ragazza e ci fa riflettere su due punti di un’importanza davvero unica: qual è la vera morte che dobbiamo temere e il grande compito degli educatori in generale e in particolare dei genitori.«Per Dio, che è Vita eterna, la morte del corpo è come un sonno. La morte vera è quella dell’anima: di questa dobbiamo avere paura! Un ultimo particolare: Gesù, dopo aver risuscitato la bambina, dice ai genitori di darle da mangiare (cfr v. 43). Ecco un altro segno molto concreto della vicinanza di Gesù alla nostra umanità. Ma possiamo intenderlo anche in senso più profondo e domandarci: quando i nostri ragazzi sono in crisi e hanno bisogno di un nutrimento spirituale, sappiamo darglielo? E come possiamo se noi stessi non ci nutriamo del Vangelo?» (ivi).Non mi stancherò mai di ripetere che tante mamme soffrono perché i loro mariti evitano accuratamente di fare un cammino di fede con le loro spose e i loro figli e io risponderò sempre: durante l’amicizia che deve precedere il fidanzamento e poi durante il fidanzamento con che frequenza e con fede vi nutrivate insieme – come coppia – del Vangelo? E se allora non la avete fatto, avete chiesto veramente perdono a Dio? E pregate ogni giorno a lungo per la conversione del vostro sposo? Anche questa è speranza!