Stasera vi dono una preghiera che certamente ci aiuterà a proseguire con più serenità e fiducia il nostro cammino in questo mese di maggio.«Santa Maria, Vergine della notte, noi t’imploriamo di starci vicino quando incombe il dolore, e irrompe la prova, e sibila il vento della disperazione, e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni o il freddo delle delusioni, o l’ala severa della morte. Liberaci dai brividi delle tenebre. Nell’ora del nostro Calvario, tu, che hai sperimentato l’eclisse del sole, stendi il tuo manto su di noi, sicché, fasciati dal tuo respiro, ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà. Alleggerisci con carezze di madre la sofferenza dei malati. Riempi di presenze amiche e discrete il tempo amaro di chi è solo. Spegni i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti, e offri loro la spalla perché vi poggino il capo. Preserva da ogni male i nostri cari che faticano in terre lontane e conforta, col baleno struggente degli occhi, chi ha perso la fiducia nella vita. Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat, e annuncia straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra. Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure. Anzi, se nei momenti dell’oscurità ti metterai vicino a noi e ci sussurrerai che anche tu, Vergine dell’avvento, stai aspettando la luce, le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto. E sveglieremo insieme l’aurora. Così sia» (Tonino Bello).In questo giubileo siamo esortati a progredire nella virtù della speranza. Penso che proprio nel mese di maggio siamo aiutati a comprendere meglio questa virtù, grazie alla preparazione alla Pentecoste (non c’è vera speranza senza la luce e il sostegno dello Spirito Santo) e grazie alla Vergine Maria. È bello e consolante confidare in Lei e nel suo amore materno. La Vergine ci ha mostrato come sperare anche nei momenti più bui.Io sono certo che, se la speranza è ovviamente proiettata verso il futuro, essa, per essere vera e salda, non può non avere un forte radicamento nel passato, cioè nell’esperienza e nel saper fare sapiente memoria di tale esperienza. Il cristiano è tale perché ha sperimentato e fa sempre memoria dell’onnipotente Amore di Dio nel suo cammino.