Stasera vi presento una meditazione di san Paolo VI su Gesù crocifisso. Sono espressioni così elevate che davvero non oso commentarle. Occorre solo contemplare, ringraziare e prendere decisioni serie di rinnovamento del cuore e della vita.«Sì, noi stiamo a guardare. Per quanto atroce sia l’immagine di Gesù crocifisso, noi ci sentiamo attratti da quest’uomo del dolore. Noi siamo subito persuasi di essere davanti a una rivelazione, che va oltre l’immagine sensibile: la rivelazione intenzionale di un simbolo, d’un tipo, d’una personificazione estrema della sofferenza umana. Gesù, il Cristo, ha voluto essere presentato così. Qui il dolore ci appare cosciente! La terribile passione era prevista! Lo strazio e il disonore della croce era saputo! Gesù è colui che “conosce l’infermità” in tutta la sua estensione, in tutta la sua profondità e intensità. E tanto basta per renderlo fratello d’ogni uomo che piange e soffre; fratello maggiore, fratello nostro. Egli detiene un primato, che accentra in lui la simpatia, la solidarietà, la comunione d’ogni uomo paziente.Gesù è morto innocente perché lui l’ha voluto. Ma perché lo ha voluto? Qui è la chiave di tutta questa tragedia: perché egli ha voluto assumere sopra di sé tutta l’espiazione dell’umanità. Egli si è offerto vittima in sostituzione nostra. Egli sì, è “l’agnello di Dio che cancella il peccato del mondo”. Egli si è sacrificato per noi. Egli si è dato per noi. Egli è così la nostra salvezza! E perciò il Crocifisso incatena la nostra attenzione» (PAOLO VI, Meditazione sulla passione, in ID., Meditazioni inedite, Roma 1993, p. 31 ss.).