Il Salmo, che vi segnalavo ieri, parla di “valle oscura”. Credo che “valle oscura” non sia solo la morte, ma anche le tante esperienze di sconfitte, di scoraggiamento, di buio, di fallimento, che la vita ci offre con una certa frequenza. Perciò ritengo davvero preziosa la preghiera che vi spedisco stasera.Ecco anzitutto l’introduzione del giornalista Maccioni.«Anche se ce lo ripetiamo continuamente non è vero che il lavoro paga sempre. Né che il tempo aggiusta le ferite, anzi a volte sembra che proprio chi si impegna meno viva meglio. Di qui, rabbia, angoscia e depressione. Eppure, la buona volontà, l’applicarsi dovrebbero prescindere dall’essere o meno premiati. Si dovrebbe cercare cosa è bene e giusto, semplicemente perché è bene e giusto. Vale a maggior ragione nell’ottica della fede che sprona il credente a confidare nella volontà di Dio, consapevoli che a volte ciò che appare negativo alla lunga potrebbe risultare un beneficio per la nostra crescita spirituale e umana. Lo sottolinea il domenicano padre Louis Joseph Lebret (1897-1966) in questa preghiera che inizia con lo sfogo: non ne posso più e si conclude con un attestato di fiducia: Signore mi affido a te» (RICCARDO MACCIONI, La preghiera di quando non ne puoi più, in Avvenire, 12 maggio 2025).Ecco ora la preghiera del Domenicano francese.«Signore, questa volta non ne posso più. Da mesi mi sono intestardito a compiere tutto il mio dovere professionale, ad accontentare diligentemente tutti coloro che mi chiedevano piccoli e grandi favori. Mi ci sono ostinato. È così desolante lasciare incompleto un lavoro che in realtà non sarà mai completato. È normale che uno si ostini a tener duro, spossandosi. Eccomi dunque, Signore, per un certo tempo o per sempre, non so, fuori combattimento. Sia fatta la tua volontà. So che siamo sempre dei servi inutili, l’essenziale è amarti e continuare ad amare intensamente i propri fratelli quando pare impossibile poter essere utili per loro. Tu solo sai ciò che è meglio e io mi affido a te, Signore» (Louis Joseph Lebret).