Pensiero serale 12-06-2025

Stasera vi spedisco il commento alle letture della s. Messa di oggi, donatoci da padre Vanhoye.«Nel brano della Seconda lettera ai Corinzi Paolo si ispira al racconto della creazione per esprimere lo splendore della vocazione cristiana; afferma: “E Dio che disse: rifulga alla luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo”.Chi è in Cristo, è una creatura nuova: è infatti immagine di Dio, nella somiglianza con Gesù. L’uomo è stato creato a immagine di Dio (cf Gen 1,26), ma soltanto Gesù è l’immagine perfetta di Dio; noi siamo chiamati a riflettere, come uno specchio, la gloria del Signore per essere “trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria”.Ci sono due mezzi con cui possiamo realizzare questa nostra vocazione. Il primo è la contemplazione del Signore. Per rispecchiare la sua gloria, è necessario contemplarlo, stare davanti a lui. Un salmo dice: “Guardate a lui e sarete raggianti” (Sal 34,6). La preghiera e la meditazione della parola di Dio sono i mezzi ordinari per essere trasformati a somiglianza di Gesù e a immagine di Dio.Il secondo mezzo è l’azione dello Spirito del Signore. Non siamo noi che con le nostre forze possiamo operare tale trasformazione. Se volessimo da soli imitare il Signore, la nostra imitazione sarebbe superficiale, e quindi non autentica. Se invece siamo docili all’azione dello Spirito, veniamo davvero trasformati nell’intimo.Il Vangelo odierno richiama un elemento essenziale di tale trasformazione. Gesù ci invita ad aprire il nostro cuore alla carità del suo cuore, a superare la giustizia degli scribi e dei farisei, che non è orientata alla perfezione dell’amore: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira contro il fratello dovrà essere sottoposto a giudizio”.Gesù parla dell’offerta: “Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”.Questo comportamento è reso ancora più necessario dopo che Gesù ha istituito l’Eucaristia: ora per noi venire all’altare significa venire alla sorgente dell’amore, venire a ricevere tutto il corpo di Cristo, e non soltanto quello sacramentale: significa quindi fare comunione con Cristo e con i fratelli.Per riflettere come in uno specchio la gloria del Signore, dobbiamo fare in modo che la sua umiltà e la sua mitezza riempiano il nostro cuore» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume II – Tempo ordinario/1, Edizioni AdP, Roma 2015, pp. 186-187).Spero che abbiate riflettuto su una frase della Prima Lettura di ieri, memoria dell’apostolo Barnaba. San Luca raccontava: “Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11,26). Io ho dedicato buona parte del mio studio, della mia preghiera e del mio impegno formativo quasi solo per cercare di rispondere alle seguenti domande: perché è importante essere cristiano? In che consiste l’essere cristiano? Non è sufficiente essere uomo? Ovviamente queste domande non possono non portarci a riflettere sull’ateismo. Un ateo può realizzarsi semplicemente come uomo? È coinvolto il dialogo con le religioni: chi non arriva alla fede cristiana, è semplicemente non cristiano o gli manca qualcosa sul piano umano? Nella mia giovinezza era molto diffusa e popolare la categoria dei “cristiani anonimi”, cioè coloro che sono cristiani perché si comportano bene, anche se non hanno compiuto una scelta esplicita per Cristo. Era famosa l’espressione di Benedetto Croce: “Non possiamo non dirci cristiani” (titolo di un suo saggio pubblicato nel 1942). Ora lascio tutto questo al vostro approfondimento. Domani spero di continuare questa riflessione.