Pensiero serale 21-05-2025

Stasera il “pensiero” è piuttosto impegnativo, perché vi propongo un commento non proprio breve di padre Vanhoye alle letture della s. Messa di oggi (At 15,1-6; Gv 15,1-8). Apparentemente si tratta di una polemica di 20 secoli fa; in realtà, come mostra il biblista francese, possiamo trovare spunti molto importanti per la nostra vita oggi. Ovviamente, come al solito, vi raccomando di dedicare un tempo sufficiente per leggere e meditare anzitutto le due letture bibliche e poi per leggere (più volte) il commento di padre Vanhoye.«Le due letture della Messa di oggi non sembrano avere relazioni tra loro, ma in realtà possiamo scorgervi un rapporto di contrasto. Il Vangelo della vite ha un tono di profonda intimità: “Rimanete in me e io in voi”, dice Gesù; la prima lettura, invece, parla di esigenze legali.Alcuni cristiani affermavano che, per essere salvi, bisognava farsi circoncidere, osservare tutta la legge di Mosè. Avevano forse ragione? Una frase del Vangelo ci fa capire che sbagliavano: “Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. […] Senza di me non potete far nulla”. Il Vangelo della vite richiede da noi un atto di fede totale in Gesù: senza di lui non possiamo far nulla; egli solo è il fondamento, la sorgente della nostra vita, e noi non abbiamo il diritto di cercare un altro fondamento al di fuori di lui, o di aggiungere a lui qualche altra realtà.Questo invece è ciò che volevano fare alcuni cristiani venuti dall`ebraismo, attaccati com’erano alla Legge di Mosè e a tutte le osservanze che essa prescriveva, a cominciare dalla circoncisione. Essi non si rendevano conto che, aderendo a Cristo, si erano messi nella condizione di dover abbandonare le prospettive antiche, perché non ci possono essere due fondamenti, due princìpi della vita cristiana. Se crediamo in Cristo, se aderiamo a lui con fede totale, non possiamo più fare affidamento su alcuni riti e su alcune osservanze per essere salvi.Quelli che erano stati già maestri in Israele dicevano ai cristiani venuti dal paganesimo: “Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati”. In altre parole: il Battesimo che vi innesta su Cristo non è sufficiente; dovete anche essere innestati sul popolo d’Israele mediante la circoncisione e l’osservanza di tutte le prescrizioni mosaiche.Paolo e Barnaba reagiscono con estremo vigore contro questa pretesa dei giudaizzanti, perché capiscono che in questo modo, con il pretesto di una maggiore perfezione, viene attaccata la fede in Gesù, unica salvezza.Tutto questo ci può sembrare qualcosa di superato: oggi non ci sono più giudaizzanti che sostengono che i cristiani devono farsi circoncidere e osservare le prescrizioni ebraiche. Eppure questa controversia verificatasi nella Chiesa apostolica rimane attuale, perché ci sono ancora molti cristiani che, senza rendersene conto, non cercano la via e la vita unicamente in Cristo. Essi riconoscono che la salvezza viene dai sacramenti, ma sono anche convinti che in fondo siano i loro sforzi a renderli giusti davanti a Dio. E questo è un errore molto pericoloso. Questo vuol dire infatti che noi non riceviamo tutto dal Signore Gesù, ma che pretendiamo di dare noi qualcosa a Dio prima di ricevere tutto da lui.Dobbiamo fare attenzione a non cadere in questo modo di pensare, che apparentemente sembra buono. Insistere sulla nostra ricerca personale della perfezione ci sembra una cosa normale, non viene visto come un’infedeltà, ma in realtà esso falsa la nostra vita spirituale, ci fa prendere una strada sbagliata, o meglio ci fa prendere contemporaneamente due strade inconciliabili tra loro: o riceviamo tutto da Cristo, o ci separiamo da lui.Gesù afferma: “Senza di me non potete far nulla”. Non dice: “Senza di me non potete giungere alla perfezione, non potete fare molto”, ma: “Non potete fare nulla”. È da lui dunque che dobbiamo ricevere tutto, in particolare le nostre opere buone, che non possono essere nostre opere personali, ma devono essere opere ricevute dal Signore.Quando ci proponiamo di fare qualcosa che a noi sembra un bene, dobbiamo prima rivolgerci al Signore, per sapere se egli vuole assegnarci l’opera che ci proponiamo di fare, se l’iniziativa che vogliamo intraprendere è ispirata da lui, perché soltanto in questo caso egli la compirà in noi. È soltanto in Gesù che noi possiamo corrispondere alla grazia divina, aprirci ad essa e lasciare che Dio operi in noi. Il che non vuol dire che noi rimaniamo completamente passivi, ma che impegniamo tutte le nostre forze e le nostre capacità sotto la spinta dello Spirito di Dio. Tuttavia dobbiamo essere convinti – e ciò corrisponde alla verità – che, anche quando ci impegniamo al massimo per realizzare qualche cosa, è necessario che Dio operi in noi.Per questo Paolo ringrazia Dio per tutti i suoi doni e invita i cristiani a fare lo stesso. Tutto ciò che realizziamo, lo facciamo “nel nome di Gesù”. Il che non significa soltanto che lo facciamo con l’intenzione personale di corrispondere all’intenzione di Gesù, ma che lo facciamo grazie alla forza che proviene da lui. E poiché facciamo tutto per mezzo di lui, il nostro primo dovere è quello di ringraziarlo continuamente.La nostra esperienza ci mostra che questo atteggiamento spirituale così fondamentale non ci è spontaneo, e che quindi dobbiamo ripensare spesso a ciò che Gesù dice nel Vangelo della vite: “Senza di me non potete fare nulla”. La vite è il Signore Gesù; noi siamo semplici tralci che possono dare frutti soltanto se sono uniti alla vite e se accettano di lasciar scorrere in se stessi la vita nuova di Gesù Risorto» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume I – Tempi forti, Edizioni AdP, Roma 2014, pp. 200-203).È di importanza decisiva che ognuno ascolti quello che il Signore gli suggerisce. Ciò che io aggiungo conta davvero molto poco. Io ho pensato a due episodi narrati dal Vangelo: Lc 10,38-42 e Mt 19,16-26. Marta dava molta importanza a ciò che faceva; l’uomo che interrogava Gesù non era disponibile all’iniziativa del Signore: si accontentava di osservare bene la Legge e di perseguire il suo disegno personale di felicità e di realizzazione. Però Marta si affannava e si agitava (cfr. Lc 10,41) e il giovane se ne andò triste (cfr. Mt 19,22). Cioè non trova la felicità chi non si “arrende” a Gesù!Auguro a me e voi una cosa sola: di permettere a Gesù di fare di noi e in noi tutto ciò che Egli desidera. Certamente vuole solo il nostro bene! Ma io mi fido davvero di Lui?