Pochi giorni fa ho saputo che sono state pubblicate alcune omelie inedite pronunciate da papa Benedetto nei primi anni del suo Pontificato. Stasera vi spedisco la prima parte dell’omelia di Pentecoste del 2007. Siamo aiutati a riflettere sul rapporto tra la Pentecoste e l’episodio della torre di Babele (Cfr. Gen 11,1-9). Ovviamente auguro a me e voi di non limitarci a una riflessione biblica o teologica più o meno “astratta”, accademica, ma anche a porci sempre forti interrogativi per la nostra vita.«Nel racconto degli Atti degli Apostoli lo Spirito Santo appare sotto tre immagini: un’immagine presa dalla storia della salvezza e due immagini cosmiche.L’immagine presa dalla storia della salvezza è rappresentata dalle lingue, che sono simbolo della capacità dell’uomo di parlare, sono simbolo della parola. L’uomo con la parola può aprire la sua mente, può creare comprensione con l’altro e comprensione vuol dire anche comunione. Così lo Spirito Santo appare come questa forza che ci apre e crea comunione.Dietro questa immagine si trova un riferimento alla storia della Torre di Babele, dove la superbia disperde l’umanità, crea incomprensione, separazione e opposizione (Gen 11,1-9); quella storia indica che l’uomo era giunto al punto in cui pensava di avere la possibilità, con le sue proprie forze, con la tecnologia di quel tempo, di costruire la torre per arrivare fino al cielo, di crearsi egli stesso il “cielo”, l’accesso al cielo.Ma proprio questa superbia dell’uomo, che pensa di non aver più bisogno di Dio, e fa di se stesso “Dio”, che si eleva a essere Dio, proprio questa superbia che crea “grandezza”, allo stesso tempo distrugge l’uomo, crea incomprensione, confusione, opposizione, distrugge l’umanità e disperde, come noi stessi vediamo.Questa immagine – in cui il parlare tutte le lingue crea incomprensione per la diversità, ma poi crea anche unità e comunione nella diversità delle lingue – rivela che la superbia del nostro potere o il progresso della scienza non possono fare tutto, non possono creare l’uomo Dio, non possono dare la redenzione all’uomo. Sono invece l’umiltà della fede, che si apre a Dio, e il dono dell’amore, che è sempre donato, la vera forza capace di creare quella comprensione che diventa comunione.Nello stesso tempo in questo evento di Pentecoste c’è anche un’anticipazione della Chiesa cattolica. Questa prima comunità apostolica parla in quel momento idealmente tutte le lingue della terra. Essa esprime così l’universalità creata dallo Spirito di Dio, dalla comunione con lo Spirito divino, che è l’unico in grado di creare la comunione universale. E dice: è lo Spirito che crea comunione, che crea universalità, che è capace di creare questa famiglia universale di Dio, che parla tutte le lingue e tuttavia parla un’unica lingua.Così ci viene detto anche che non solo l’amore e la fede sono essenziali, ma che questo amore e questa fede sono forze di unità che creano la Chiesa universale, la Chiesa cattolica; l’essere nella comunione della Chiesa, nell’umiltà di questa comunione, nella lingua della fede comune, è segno dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo crea questa comunità, la comunità cattolica.Così sant’Agostino, giustamente, poteva dire: “Tanto uno ha lo Spirito Santo, quanto ama la Chiesa” (Cfr. Agostino di Ippona, Commento al Vangelo di Giovanni, 32, 8, 8). L’amore alla Chiesa è frutto e segno dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo non si muove nella genericità, ma ha il suo luogo proprio, crea la comunione cattolica, e perciò Pentecoste è sempre di nuovo un invito alla cattolicità, alla grande comunione, alla comunione con la Chiesa di tutti i popoli e di tutti i tempi» (BENEDETTO XVI, Omelia, 27-5-2007).Ecco alcuni possibili interrogativi: papa Ratzinger parla dell’umiltà della fede e del dono dell’amore. Cosa ne penso? Cerco di viverli nella mia famiglia, nel lavoro, nella mia parrocchia? È davvero bellissima la frase di sant’Agostino citata dal Papa: «Tanto uno ha lo Spirito Santo, quanto ama la Chiesa». Come cerco di concretizzare la mia fede e il mio rapporto con lo Spirito Santo?