In questi giorni nella s. Messa il Vangelo ci presenta Gesù nel tempio di Gerusalemme. Penso che dovremmo meditare più spesso sul fatto che siamo chiamati a essere pietre vive del tempio di Dio, cioè della Chiesa. Vi invito a meditare 1 Pt 2,5. Su questo argomento vi presento una riflessione di un frate carmelitano, arcivescovo di Torino quasi 50 anni fa.
«Quale sarà il mio posto nella casa di Dio? Lo so, non mi farai fare brutta figura, non mi farai sentire creatura che non serve a niente, perché tu sei fatto così: quando ti serve una pietra per la tua costruzione, prendi il primo ciottolo che incontri, lo guardi con infinita tenerezza e lo rendi quella pietra di cui hai bisogno – ora splendente come un diamante, ora opaca e ferma come una roccia, ma sempre adatta al tuo scopo.
Cosa farai di questo ciottolo che sono io, di questo piccolo sasso che tu hai creato e che lavori ogni giorno con la potenza della tua pazienza, con la forza invincibile del tuo amore trasfigurante? Tu fai cose inaspettate, gloriose. Getti là le cianfrusaglie e ti metti a cesellare la mia vita. Se mi metti sotto un pavimento che nessuno vede, ma che sostiene lo splendore dello zaffiro o in cima a una cupola che tutti guardano e ne restano abbagliati, ha poca importanza. Importante è trovarmi ogni giorno là dove tu mi metti, senza ritardi. E io, per quanto pietra, sento di avere una voce: voglio gridarti, o Dio, la mia felicità di trovarmi nelle tue mani malleabile, per renderti servizio, per essere tempio della tua gloria» (Anastasio Alberto Ballestrero).
Forse non abbiamo mai pensato di essere un ciottolo. Auguro a me e a voi di lasciarci cesellare docilmente dalla mano di Dio. Mi sembra che siamo esortati anche alla “santa indifferenza” (quando mette in evidenza ciò che è importante e ciò che non lo è).