Pensiero serale 29-05-2025

Oggi per me è un giorno davvero particolare. Oggi la Chiesa festeggia san Paolo VI. In genere festeggiamo i santi nel giorno della loro morte, cioè del loro passaggio al Paradiso, ma Paolo VI morì il 6 agosto e quindi la Chiesa ha dovuto preferire un altro giorno (lascio alla vostra …ricerca capire come è stato scelto il 29 maggio). Da alcuni mesi ho trovato un libro, scritto oltre 30 anni fa, che raccoglie testi di Montini di circa 75 anni fa. È un linguaggio piuttosto particolare, ma oggi finalmente ho deciso di iniziare a leggere qualche pagina (veramente penso che Gesù me lo ha suggerito!) e ne sono rimasto affascinato, quasi travolto. Stasera vi propongo un brano in cui ho notato due riferimenti molto importanti e straordinariamente attuali. Innanzitutto ci sono vari cenni allo Spirito Santo (e ci stiamo preparando alla grande festa della Pentecoste) e poi viene citata la frase di san Paolo scelta da papa Francesco come titolo e come tema centrale di tutto il Giubileo, cioè la Lettera ai Romani 5, 5, che certamente state meditando costantemente. Stasera appunto vi presento questo brano e conto di farvi conoscere anche altre pagine, nella speranza certa che tutto ciò ci aiuterà a perseguire l’unico obiettivo davvero serio, cioè la santità (che è l’unico motivo per cui il Signore ci ha pensati, anzi predestinati, fin dall’eternità). La santità consiste nell’Amore, che è poi il tema trattato da Montini in queste pagine.Faccio ancora una piccola precisazione. Ho pensato di presentarvi il testo di Montini senza alcuna modifica, ma con la sola aggiunta di qualche traduzione di alcuni testi biblici e filosofici dal latino in italiano. So che ci sono molti traduttori anche in internet, ma ho pensato che poteva facilitarvi la lettura: ai tempi di Montini il latino era certamente la lingua più usata nella Chiesa.«Raccogliamo la nostra attenzione e i nostri sentimenti per continuare l’esplorazione del tema dell’amor di Dio che, anche per la brevità del tempo che ci è dato, esamineremo dal punto di vista pratico.Ci si pone davanti questo grande quesito. Abbiamo conosciuto il panorama del mondo spirituale nel quale siamo destinati a vivere. Non avremo mai abbastanza preso contatto con questa realtà, mai abbastanza esplorato i disegni di Dio. Abbiamo concluso con questa parola: il Signore vuole essere amato. In questo si racchiude tutto quel che c’è da fare, perché l’amore è la sintesi della legge che ci ha dato il Signore e che, dopo di lui, la Chiesa e l’esempio dei santi ci indicano.Vorrei che noi fossimo compresi della originalità di questo programma di vita. Parlare di amore all’uomo significa parlare il suo linguaggio, ma appunto questo è il prodigio che Dio ha codificato nel suo codice divino, quello che era già nel codice umano, ma trasferendolo sopra modi e finalità che da sé la natura umana non avrebbe potuto concepire. “Caritas facultatem naturae excedit” “la carità supera la capacità della natura”, dice san Tommaso (S. Th. II-II, 24, 2).È vero che l’amore di Dio risponde alle nostre aspirazioni e alle nostre attitudini, ma è altrettanto vero che le sorpassa, le vince – se io volessi volare, è vero che il cielo mi piace, ma non ho le ali – e invece il Signore ci ha dato questa ulteriore facoltà, questa superiore virtù, che è proprio quella di poter amare Dio.Amare Dio! Se ci inebriamo un momento di questo stupendo destino umano, vediamo che in questa sua stessa bellezza e sublimità si nasconde la più grande difficoltà, perché amare Dio supera la nostra capacità, supera la potenza umana. Non potremo da soli praticare questo amor di Dio, ma “charitas Dei diffusa est in cordibus nostri: per Spiritum sanctum, qui datus est nobis” “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).La capacità di amare, la virtù di amore è creata ed esercitata in noi dallo Spirito santo, da Dio stesso in quanto amore. Si direbbe che Dio viene in noi per creare la possibilità, lo strumento per amare se stesso: come il maestro si curva sul bambino, gli prende la mano e scrive attraverso la mano del bambino, così lo Spirito santo è Dio che rende capace questo nostro cuore di rispondere alla grande vocazione, al grande appello che egli ha rivolto all’uomo: vieni e amami!Noi non saremmo capaci di adempiere questo comandamento se Dio stesso non lo adempisse in noi. È come quando Gesù si avvicina camminando sulle acque: i discepoli sono pieni di stupore e di paura. Poi uno di essi dice: “Dominus est”! E allora Pietro, uomo di entusiasmo e insieme uomo eminentemente pratico (sotto questo aspetto, esempio del vero cristiano), dice: “Domine, si tu es, jube me ad te venire super aquas” “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque” (Mt 14, 28). E il Signore da lontano gli risponde: “Vieni”. In quel “vieni”, in quell’invito a venire è infusa una forza miracolosa che rende capace Pietro di fare ciò che da sé non avrebbe potuto. Pietro, obbedendo a questo comando, compie il miracolo di camminare sulle acque. Soltanto quando subentrano nel suo animo altri sentimenti, la paura, lo stupore, senso di mancare, solo allora l’acqua cederà sotto i suoi passi» (MONTINI GIOVANNI BATTISTA, Meditazioni, Edizioni Dehoniane Roma. 1994, pp. 155-157; testo del marzo 1952).Avrei ovviamente mille commenti da proporvi. Mi limito a pochi pensieri: come vivo la fiducia nell’onnipotente Amore di Dio per me? Sono consapevole che il cristiano è “uomo eminentemente pratico”? Cioè, per essere davvero discepolo del Signore, devo tradurre i doni di Dio nella mia vita quotidiana.