Pensiero serale 30-05-2025

Vi confido che ieri ero molto combattuto. Da un lato ci tenevo a riflettere su un brano di Montini, dall’altro desideravo darvi il commento di padre Vanhoye al Vangelo. Per questo motivo oggi vi spedisco una riflessione, che ritengo davvero preziosa, al brano del Vangelo della s. Messa di ieri (Gv 16,16-20). Si tratta di un commento indubbiamente impegnativo ma, per chi avrà la buona volontà (stavo per il dire …il “coraggio”) di meditare ancora il Vangelo di ieri e di meditare e leggere più volte il commento del biblista francese, sono sicuro che ci saranno abbondanti frutti per la crescita spirituale.«Come accade spesso nei Vangeli, specialmente in quello di Giovanni, le parole di Gesù si prestano a diverse applicazioni. Gesù, con una frase enigmatica, parla di un tempo in cui non lo vedranno più e di un tempo in cui lo vedranno, perché egli va al Padre.La prima applicazione di queste parole è ovviamente alla passione e alla morte di Gesù. Infatti, queste parole sono state pronunciate nel Discorso dell’Ultima Cena, immediatamente prima dell’inizio della passione. Gesù sta per andarsene; i discepoli non lo vedranno più, perché morirà, e questo sarà per loro un tempo di tristezza (“Voi piangerete e gemerete”); invece, per i nemici di Gesù, per il mondo, questo sarà un tempo di trionfo (“Il mondo si rallegrerà”).Ma l’assenza di Gesù durerà poco tempo: il terzo giorno, infatti, egli risorgerà. Giovanni racconta l’apparizione del Risorto ai discepoli la sera di Pasqua e osserva che i discepoli, al vederlo, sono pieni di gioia (cf. Gv 20,20). Così effettivamente la loro afflizione si è cambiata in gioia dopo la risurrezione di Gesù.La frase enigmatica di Gesù può essere applicata anche al mistero dell’Ascensione e della Pentecoste. Dopo una serie di apparizioni, Gesù ha lasciato i suoi discepoli in modo definitivo, ma anche questa assenza non durerà a lungo: a Pentecoste, infatti, viene data loro una nuova presenza di Gesù; scende su di loro lo Spirito Santo, che rende presente Gesù nel loro cuore e nella loro comunità.A proposito dell’Ascensione, possiamo ricordare queste parole che Paul Claudel mette in bocca a Gesù: “Ecco, io vi privo del mio volto, per darvi la mia anima”. La presenza di Gesù nel cuore dei suoi discepoli è un altro modo di vederlo. Non si vede più Gesù come durante la sua vita terrena, né come nelle sue apparizioni dopo la risurrezione, ma lo si vede con gli occhi del cuore; lo si riconosce presente grazie al suo Spirito. Di nuovo la tristezza dei discepoli per la sua assenza si cambia nella gioia per la sua presenza.Possiamo anche notare che, ad ogni ritorno di Gesù, non si ha una semplice ripetizione della situazione precedente, ma una situazione nuova, nella quale il rapporto con lui sembra meno gratificante dal punto di vista umano, ma in realtà è molto più profondo, e quindi apportatore di una gioia e una pace molto maggiori.Gesù risorto dona la pace ai suoi discepoli, dicendo: “Pace a voi!” (Gv 20,19.21.26); e la presenza dello Spirito Santo, donato da lui, mette i discepoli nella pace, nella gioia e nell’amore.Si può fare un’applicazione della frase enigmatica di Gesù anche alla nostra vita. Possiamo dire che l’alternanza di presenza e assenza di Gesù è il ritmo abituale della nostra vita spirituale, e ogni volta la presenza del Signore ci viene donata in una forma nuova. Di solito avviene che, dopo una presenza di Gesù che ci riempie di gioia, egli si sottrae a noi, perché vuole che il nostro rapporto con lui si intensifichi e cresca. Noi allora siamo nella tristezza, ci chiediamo che cosa sia accaduto, abbiamo l’impressione che il nostro rapporto con il Signore si sia interrotto. Ed effettivamente c’è stata una rottura: non però nel rapporto, ma soltanto nella sua forma. Allora ci dobbiamo ricordare delle parole di Gesù: “Un poco ancora e mi vedrete”. Nel momento di tristezza, Gesù ci prepara alla gioia della sua presenza ritrovata.Consideriamo bene queste parole di Gesù. Egli non dice semplicemente che la nostra tristezza sarà sostituita dalla gioia, ma afferma: “La vostra tristezza si cambierà in gioia”. Quindi, è la tristezza stessa che produce la gioia, diventa motivo di gioia. Tra la croce di Gesù e la sua risurrezione non c’è soltanto un rapporto di successione cronologica e di contrasto, ma c’è un rapporto di causa ed effetto: è stata veramente la croce di Gesù che l’ha fatto risorgere; è stato il suo dono di amore sulla croce che ha prodotto una vita nuova. “Dal legno della croce è venuta la gioia in tutto il mondo”, si dice nella liturgia del Venerdì santo.Ciò che è vero della croce di Gesù, lo è anche delle nostre prove: è la prova stessa che diventa per noi motivo di gioia, se nel tempo della tristezza rimaniamo fedeli a Dio e al suo amore. E quanto più grande è la prova che dobbiamo sostenere, tanto più grandi saranno poi la nostra gioia e la nostra unione con Gesù.Dobbiamo tenere sempre presente questo ritmo della vita spirituale: la tristezza non è fatta per durare; la gioia non deve esaltarci; ma entrambe ci sono date per far crescere la nostra unione con il Signore. E la parola definitiva è quella della gioia.Gesù ci unisce al Padre attraverso il suo mistero di morte e risurrezione. “Io me ne vado al Padre”, dice. E questa è anche la nostra meta, che deve riempirci di fiducia e di gioia» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume I – Tempi forti, Edizioni AdP, Roma 2014, pp. 212-214).Esprimo in sintesi quelli che mi sembrano i punti principali trattati da Vanhoye: l’alternanza di gioia e di tristezza, di presenza e di assenza (apparente) di Gesù. Il tutto è applicato in modo sapiente a quella che ritengo l’azione educativa di Gesù per portarci alla vera maturità spirituale.Siamo quasi alla fine del periodo pasquale e ci viene offerta la possibilità di entrare meglio in questo Mistero immenso e decisivo. Vi segnalo il cenno al rapporto tra croce e risurrezione: non solo rapporto cronologico o di contrasto, ma di causa ed effetto.Non dimenticate il passo del Vangelo dove Gesù ci fa sapere il lavoro che il Padre intende svolgere con noi e per noi, ma noi dobbiamo esserne consapevoli e disponibili (mi riferisco alla seconda parte del v. 2 del cap. XV del Vangelo secondo Giovanni). Vi consiglio di meditare bene anche la frase del drammaturgo francese Claudel.Solo in Gesù, nella sua vicenda, posso capire un poco la mia vita, il mio destino, il buio e la luce di cui spesso faccio esperienza. Senza Gesù, l’uomo gioisce e soffre, ma senza capire perché e soprattutto per Chi.