Pensiero Serale del 6-11-2023

bibbia

La seconda parte del commento (che stasera vi spedisco) di padre Cantalamessa al Vangelo di ieri pone al centro della riflessione la stupenda enciclica di san Giovanni Paolo II, la Veritatis splendor”, a cui ho dedicato il mio Manuale e il cammino di formazione iniziato lunedì scorso con i miei parrocchiani.
Ecco, comunque, i temi trattati dal teologo cappuccino nel commento che ora vi spedisco: che significa che Gesù è l’unico Maestro? Il rapporto tra la conoscenza di sé e la conoscenza di Dio: perché sono strettamente legate? Quali sono le novità assolute portate dal Maestro Gesù? La differenza tra sincerità e verità (giusto per fare qualche esempio: un massone e un buddista potranno essere anche sinceri, ma non accettano la Verità che è Gesù. Una coppia che ha rapporti prematrimoniali o due divorziati risposati saranno sinceri nel volersi bene, ma compiono gesti del tutto contrari alla verità oggettiva dell’atto sessuale) e ancora: il rapporto tra morale e storia, tra morale e cultura. Come se non bastasse: il ruolo della coscienza e dello Spirito Santo. Dimenticavo: la frase che mi ha colpito di più è l’ultima: contiene un drammatico riferimento al rinnegamento di Pietro.

«Ma che vuol dire che Gesù è l’unico maestro? Non vuol dire, alla lettera, che questo titolo d’ora in poi non deve essere più usato per nessun altro, che nessuno ha il diritto di farsi chiamare maestro. Vuole dire che nessuno ha il diritto di farsi chiamare Maestro (con la lettera maiuscola), come se fosse il possessore ultimo della verità e insegnasse in nome proprio la verità su Dio. Il perché, Gesù lo spiega chiaramente quando dice:
“Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6).
Gesù è la suprema e definitiva rivelazione di Dio agli uomini che contiene in sé tutte le rivelazioni parziali che si sono avute prima o dopo di lui; è il Logos totale, diceva già san Giustino Martire, in cui sono racchiusi tutti i “semi di verità” disseminati nel mondo.
Ma domandiamoci: di che cosa è maestro Cristo, qual è la sua “specializzazione”? Due soli soggetti: Dio e l’uomo. Ci fa conoscere Dio e ci fa conoscere noi stessi; ma sappiamo che in queste due conoscenze è racchiusa tutta la sapienza essenziale. Sant’Agostino pregava Dio dicendo: “Che io conosca te e che io conosca me”. La conoscenza di Dio senza la conoscenza di sé porterebbe alla presunzione di credersi uguali a Dio (“Comprendere è uguagliare”, diceva, mi pare, Raffaello); la conoscenza di sé senza quella di Dio porterebbe alla disperazione. L’insieme delle due cose è la vera sapienza.
Su Dio, Gesù non si è limitato a ripetere cose già dette e note. Ha portato delle novità assolute che solo il Figlio “che è nel seno del Padre” poteva rivelare: che è Padre, Figlio e Spirito Santo, cioè Trinità; che è amore e perciò è Trinità, perché meno che tra due persone non ci può essere amore. Ci ha rivelato “le profondità di Dio”. Sull’uomo, ha rivelato che è destinato a diventare figlio di Dio, a possedere la vita eterna, che è libero e può decidersi o per la luce o per le tenebre, può credere o rifiutare di credere, decidendo così del suo destino eterno.
Ma non ha detto solo verità astratte su Dio; non si è limitato a rivelarci chi è Dio, ma anche cosa vuole Dio, la sua volontà su di noi. “Questa è la volontà del Padre mio…”. Il Vangelo non è, nel suo insieme, che la rivelazione di questa via di Dio. Questo va ricordato all’uomo d’oggi e il papa Giovanni Paolo II lo ha fatto con l’enciclica “Veritatis splendor”, “Lo splendore della verità”. L’uomo moderno pensa molto spesso che non esiste una verità assoluta, valida sempre e per tutti; esistono tante verità quanti sono i soggetti. La verità è soggettiva, non oggettiva. Il valore supremo non è la verità, ma la veracità, cioè la sincerità: dire quello che si crede vero, quello in cui si crede, senza pretendere che sia la Verità. Poiché non esiste una verità assoluta, non esistono neppure norme morali assolute. L’uomo si inventa la sua morale a mano a mano che progredisce nella storia, come il fiume, avanzando, si scava il suo letto. La morale dipende dalla cultura: è buono quello che la maggioranza, in un certo contesto culturale, ritiene essere tale. È il relativismo morale che vediamo ogni giorno riaffermato e attuato nella pratica.
Contro questo relativismo il Papa riafferma che esiste una Verità assoluta perché esiste Dio che è il misuratore della verità. Questa verità essenziale, certamente da individuare con sempre maggiore accuratezza, è stampata nella coscienza. Ma poiché la coscienza si è appannata per il peccato, per le abitudini e gli esempi contrari, ecco il ruolo di Cristo che è venuto a rivelare in modo chiaro questa verità di Dio, che impersona anzi in se stesso questa verità; ecco anche il ruolo della Chiesa e del suo magistero che spiega tale verità di Cristo e la applica alle mutevoli situazioni della vita.
Ma è soprattutto lo Spirito Santo, lo “Spirito di verità”, che ormai ci guida alla verità tutt’intera, ci ricorda quello che Gesù ha detto. Egli è il maestro interiore, senza del quale invano si leggono o si ascoltano parole che vengono dal di fuori. Lui conferisce quella speciale unzione che “insegna ogni cosa” (1 Gv 2, 27).
Prima di salire al cielo Gesù diede una consegna agli apostoli: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni…insegnando loro ad osservare tutto ciò che io vi ho comandato” (Mt 28, 19 s.).
Se i discepoli devono “ammaestrare” e “fare discepoli”, vuol dire che sono anch’essi promossi maestri. È vero; questo però non toglie che c’è ancora e sempre un solo maestro, perché essi non devono fare gli uomini “discepoli” propri, ma di Cristo.
In questo nuovo compito di maestri gli apostoli e i loro successori (e, in un altro senso, tutti i battezzati) devono imitare il loro maestro. Insegnare con l’esempio, amare coloro ai quali sono chiamati a trasmettere la verità (la verità si trasmette solo nella carità, su nessun’altra lunghezza d’onda!), lavare i piedi ai propri discepoli, cioè in spirito di servizio, non di dominio. E quello che il divino Maestro raccomanda al termine del brano odierno di vangelo:
“Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.
Il frutto più bello della nostra riflessione odierna sul Vangelo sarebbe riscoprire, con l’aiuto dello Spirito Santo, quale onore, quale privilegio inaudito, quale titolo di raccomandazione (presso Dio) sia l’essere discepoli di Gesù di Nazaret. Mettere anche noi questa cosa in cima a tutte le nostre referenze. Essere e sentirci, nella vita, prima di ogni altra cosa, discepoli di Cristo. Che vedendoci o udendoci qualcuno possa dire di noi, ciò che la donna disse a Pietro nell’atrio del Sinedrio: “Anche tu sei uno dei suoi discepoli. Il tuo parlare (meglio se si potrà aggiungere: e il tuo operare) ti tradisce” (cfr. Mt 26, 73)» (CANTALAMESSA RANIERO, Gettate le reti. Riflessioni sui Vangeli. Anno A, Piemme, Casale Monferrato, 2002, pp. 321-324).