Il brano del Vangelo di oggi (Mt 9,9-13) lo amo moltissimo per vari motivi: mi ricorda il patrono della mia città e della nostra diocesi, ci invita a riflettere sul tema che abbiamo trattato nei giorni scorsi: l’importanza di un serio e profondo esame di coscienza. Se siamo incapaci di un corretto esame di coscienza, cadiamo facilmente nell’errore denunciato da Vanhoye, di ritenerci giusti, come i farisei. Questo brano è di una importanza decisiva perché ci aiuta a capire in che senso la missione di Gesù è molto simile a quella del medico. È poi quanto mai opportuno meditare tutto ciò oggi, primo venerdì del mese, dedicato appunto al Sacro Cuore di Gesù. Ecco le riflessioni di Vanhoye.«Nel Vangelo di oggi si manifesta in modo particolare l’amore di Gesù per i peccatori. Egli chiama a seguirlo Levi, un uomo che proviene dalla cerchia dei pubblicani, odiati e disprezzati in quanto peccatori e in quanto sono al servizio dei dominatori pagani.Questo fatto costituisce già uno scandalo per i farisei, i quale credono che sia necessario separarsi dei peccatori per poter essere “giusti”. Lo scandalo poi giunge al culmine quando Gesù non allontana Levi dai suoi compagni, ma va a mangiare a casa sua, in un banchetto che vede riuniti “molti pubblicani e peccatori”. Vedendo ciò, i farisei domandano ai discepoli di Gesù: “Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Gesù risponde in modo deciso: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. […] Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Questo episodio ci insegna che, per ottenere la misericordia di Dio, dobbiamo metterci tra i peccatori.A questo riguardo, potremmo avere un’interpretazione sbagliata anche della devozione al Sacro Cuore, quella cioè di concepire una riparazione che diventa farisaica. Questo avviene quando affermiamo: “Noi giusti ripariamo per i peccatori!”. In realtà, per noi “riparare” dovrebbe significare metterci in mezzo ai peccatori, perché anche noi lo siamo; significa quindi pregare al tempo stesso per noi e per gli altri peccatori, per ottenere il perdono e la salvezza, che sono sempre un dono gratuito di Dio. Coloro che, come i farisei, si fanno forti della loro presunta giustizia, si chiudono alla Misericordia di Dio» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume II – Tempo ordinario/1, Edizioni AdP, Roma 2015, p. 240).Ritengo che, meditando questo brano del Vangelo, soprattutto alla luce del commento di Vanhoye, c’è anche un rischio gravissimo da cui metto continuamente in guardia, cioè di accentuare la misericordia di Dio a scapito dell’urgenza della conversione. Sarebbe come dire: “Gesù è misericordioso. Io, per essere raggiunto dalla sua misericordia, devo riconoscermi peccatore, magari restando sempre tale!”. Purtroppo la verità non è questa. Ancora una volta equivale ad affermare: “Io, se sono sano, non posso andare dal medico; quindi, mi impegno a non guarire, non prendo medicine, continuo a fumare, a mangiare e a bere in modo sregolato, così mi ammalo sempre di più e il medico mi può aiutare. Se invece divento sano, poi il medico non mi può considerare più tra i suoi pazienti”. In realtà, lo scopo di Gesù non è che restiamo nel peccato, ma che diventiamo santi.Sono particolarmente illuminanti le seguenti affermazioni di sant’Agostino, che di peccati, conversione e santità era un… grande esperto.«I medici amano i malati perché malati? Se li amano malati, allora li vogliono sempre malati. Li amano non perché rimangano malati, ma perché da malati divengano sani. Il medico odia il suo nemico che è la malattia: odia la malattia e ama la persona» (SANT’AGOSTINO, Commento alla Prima lettera di san Giovanni 8, 11).«Sii dunque simile a un medico. Il medico non amerebbe l’ammalato se non odiasse la malattia. Per liberare il malato, si accanisce contro la febbre. Non amate i vizi dei vostri amici, se amate gli amici stessi» (SANT’AGOSTINO, Discorso 49, 6, in OPERE DI SANT’AGOSTINO http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/index2.htm).Mi sembra evidente che torna un concetto a me molto caro e che ritengo il cardine di tutto il cristianesimo: Dio ci ama, sì, ma di un “Amore trasformante”.