Anche oggi voglio darvi un commento alle letture della s. Messa (Eb 12,1-4; Mc 5,21-43).
«Le letture di oggi ci fanno vedere quanto sia importante il contatto con Gesù.
La Lettera agli Ebrei descrive la nostra situazione con un’immagine sportiva: siamo allo stadio; c’è la gara, e ci sono gli spettatori, cioè i santi, quelli che hanno raggiunto la meta e ci guardano dal Paradiso; e noi siamo esortati a correre “tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”.
Questo sguardo su Gesù è la realtà fondamentale. Quando pensiamo all’esempio dei santi, dei martiri e, soprattutto, di Gesù stesso nella sua passione, morte e risurrezione, tutte le difficoltà diventano per noi ben poca cosa. “Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori”, dice l’autore della Lettera agli Ebrei.
Tenere lo sguardo fisso su Gesù è un primo modo per essere in contatto con lui. C’è poi un secondo modo: parlargli, chiedergli di intervenire nelle nostre difficoltà, di manifestare la sua potenza nelle nostre infermità, come fa Giairo nel Vangelo di oggi: “Venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: La mia figliola sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”.
Un terzo modo di essere in contatto con Gesù è quello della donna ammalata che aveva perdite di sangue da dodici anni. Lei si vergogna di parlare della sua malattia, ma fa di tutto per essere guarita da Gesù: gli viene dietro, cercando di toccarlo di nascosto, e pensa: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. Poi tocca il mantello di Gesù, e subito le si ferma il flusso di sangue e lei sente nel suo corpo che è guarita dal male.
Gesù poi mette in risalto questo gesto, per far capire che non è il semplice contatto con lui che salva, ma la fede. Per questo si volta alla folla e dice: “Chi ha toccato le mie vesti?”. E quando la donna confessa di essere stata lei, Gesù le dice: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”.
Quando teniamo fisso lo sguardo su Gesù, quando gli parliamo, quando lo tocchiamo, lo dobbiamo fare con fede. Allora egli ci trasformerà, si comunicherà a noi, e ci renderà come lui, capaci di aiutare i nostri fratelli» (ALBERT VANHOYE, Il pane quotidiano della Parola. Volume secondo – Tempo ordinario/1. Edizioni AdP, Roma 2015, pp. 74-75).
Preferisco limitarmi a darvi questo bel commento del biblista francese e domani vi darò alcune mie riflessioni sui temi della vicinanza e dell’unità.