Stasera vi propongo un commento piuttosto esteso al brano del Vangelo di oggi (Mc 5,1-20).
«Quello dell’indemoniato di Gerasa è uno dei racconti più circostanziati che l’evangelista Marco ci offre nel suo Vangelo. Il contesto è quello di una svolta nel cammino e nella missione del Signore Gesù. Per la prima volta Gesù, unitamente ai suoi discepoli, si lascia alle spalle la Giudea e s’inoltra dall’altra parte del Giordano. In quei luoghi, così vicini a Gerusalemme eppure così lontani, si sente maggiormente il peso e il giogo dell’occupazione straniera, a motivo del pericolo più grande di essere quasi contaminati da ciò che si oppone alla purezza della fede. Il fatto che vi si allevino, in grande quantità dei porci, è segno che qualcuno deve pure mangiarli! La terra è occupata da ciò che rischia di snaturarla. Così il cuore e la vita di quest’uomo, che esce incontro a Gesù dai sepolcri, sono segnati da una sofferenza e da una rabbia che rischiano di farlo vivere in uno stato più simile a quello degli animali – tra l’altro i più immondi – condannandolo a una vita disumana.
L’indemoniato di Gerasa è interiormente combattuto tra il desiderio di uscire dallo stato in cui la sua vita è stata prostrata e il bisogno, fatto di abitudine e di strana quanto dolorosa complicità con il male che lo abita. Sembra che una parte di sé si faccia interprete del desiderio – meglio sarebbe dire del non-desiderio – del mondo in cui abita e che si potrebbe riassumere così “È troppo presto per la salvezza!”. Sì, sarebbe bene riceverla, ma non troppo presto perché questo significa un incremento di vita che comporta una serie di cambiamenti e di imprescindibili rinunce.
La parola pronunciata dalla legione di demoni non è altro che l’espressione anticipata dl ciò che gli abitanti della regione chiederanno al Signore Gesù: ritornarsene da dove era venuto, perché è troppo presto per accogliere fino in fondo, e in pienezza, il dono dl quella libertà fatta di molteplici e continue liberazioni dalle innumerevoli catene che ci tengono prigionieri e schiavi. Forse, lo svantaggio di quell’uomo ormai ridotto allo stremo della vita era proprio il fatto di non avere più niente da perdere, tanto da sentire in Gesù la sua ultima possibilità per poter finalmente passare o di qua o di là: o nella vita o nella morte. La legione non è d’accordo, la gente del luogo neanche, non resta a Gesù che ritornarsene dall’altra parte del lago, dopo aver posto comunque un segno forte e indimenticabile: la liberazione è possibile! A noi scegliere di aprire le porte e di accettare di entrare nella sua dinamica di liberazione e di vita.
I geraseni non hanno dubbi sul da farsi: “Si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio” (Mc 5,17). I demoni, a loro volta, non avevano avuto alcun dubbio: “Mandaci da quel porci, perché entriamo in essi” (5,12). L’autore della Lettera agli Ebrei ci ricorda che Dio “aveva predisposto qualcosa di meglio” (Eb 11,40). Ma il meglio che il Signore ci vuole offrire esige, sempre e comunque, la disponibilità a riprendere la strada della vita con una responsabilità e creatività veramente nuove che non ci permettono di “restare” (Mc 5,18) ma ci chiedono, piuttosto, di andare sempre oltre.
Signore Gesù, non è raro che, dalla vita ci aspettiamo solo il peggio. Spesso non riusciamo a immaginare altri scenari se non quelli a cui siamo abituati, e in cui rischiamo di affogare le nostre possibilità di vita per paura di perdere ciò che comunque abbiamo e sappiamo di noi stessi. Ti preghiamo, donaci occhi per il meglio che portiamo dentro di noi e che possiamo sempre attenderci dalla vita che ci circonda, così che essa non si trasformi in cimitero vivente» [FRATEL MICHAELDAVIDE (a cura di), Meglio, in Messa e preghiera quotidiana, febbraio 2013, pp. 54-56].
Io penso che ognuno di noi è spesso combattuto dai desideri più disparati. Auguro a me e a voi di fidarci davvero totalmente di Gesù e di comprendere, con la luce dello Spirito Santo, l’immenso dono della liberazione che Egli ci offre.
Infine, dovremmo chiederci sempre: io aiuto gli altri in questo cammino di liberazione? O qualcosa mi frena? Per esempio, la pigrizia, l’egocentrismo, alcune delusioni nei rapporti con le persone?