Pensiero serale del 26-03-2024

Sento sempre con grande intensità i giorni della Settimana Santa. Penso che il Signore desidera darci luce e forza più che in tutti gli altri periodi dell’anno e spero sempre di riscattare in qualche modo in questi sette giorni una Quaresima che spesso naviga nella mediocrità. 

Nel pomeriggio all’improvviso ho sentito di rivolgere dal profondo del cuore una domanda al Signore: “Perché mi vuoi così bene?”. Lo so bene che il suo Amore è gratuito e che ama ovviamente tutti e non solo me. Ma sono convinto che la vita cristiana consiste proprio in questo: nel sentirsi amati da Lui in modo unico, infinito e irripetibile. Pochi secondi dopo che ho sentito di rivolgere questa domanda, all’improvviso il mio sguardo si è posato per caso (?) su uno dei tanti libri che ho nella mia stanza, in modo alquanto disordinato. Ho sentito quasi la chiamata ad aprire il libro e mi è “capitato” sotto gli occhi lo scritto che ho deciso di spedirvi stasera. Mi sono impegnato per frenare le lacrime mentre leggevo.

Sono parole scritte da una donna che ha vissuto un’esistenza davvero particolare. Visse nel XIII secolo (tra il 1248 e il 1309). Si convertì dopo una giovinezza tutt’altro che esemplare.

Io all’inizio l’ho conosciuta grazie a padre Cantalamessa, che la nomina spesso nei suoi libri. Papa Francesco l’ha proclamata santa il 9 ottobre 2013 (oltre sette secoli dopo la sua morte!)

Ecco quanto mi è “capitato” di leggere e che mi ha tanto colpito. Certamente molti di voi conoscono già questo scritto.

 

«Meditavo sulla morte del Figlio di Dio che si è fatto uomo e mi sforzavo di scacciar via dalla mente ogni altro pensiero per avere l’anima tutta raccolta nella passione e nella morte del Figlio di Dio. E mentre me ne stavo così, all’improvviso udii una voce che mi disse: “Non ti ho amato per scherzo”. Questa parola mi colpì come una ferita di dolore e subito gli occhi della mia anima si aprirono e compresi come erano vere quelle parole e vidi quanto aveva fatto il Figlio di Dio per manifestarmi il suo amore. Dall’altra parte vedevo che in me c’era tutto il contrario, poiché non lo amavo che per scherzo e con poca verità. E questa costatazione mi era divenuta una pena mortale, così intollerabile che mi pareva di morire. Poi mi furono dette altre parole che aumentarono ancora di più il mio dolore […].

Mentre ripensavo a quelle sue parole, egli aggiunse: “Sono più intimo all’anima tua di quanto la tua stessa anima non lo sia a se stessa”. Ma ciò accresceva il mio dolore poiché non potevo non riconoscere che io me ne ero rimasta lontana da lui. Tali parole suscitarono in me il desiderio di non voler sentire, né vedere, né parlare di cosa alcuna nella quale potesse esserci offesa a Dio. Ed è questo che Dio richiede in modo speciale ai suoi figli: poiché sono stati chiamati da lui ed eletti a vederlo, sentirlo e parlargli, esige che si guardino da tutte quelle cose che sono contrarie a ciò (ANGELA DA FOLIGNO, L’esperienza di Dio amore, Roma 1973, pp. 279-281, passim).

 

Credo che dinanzi a un’esperienza così alta e così grande ognuno possa dire a Lui solo queste parole: Ti ringrazio. Mi pento.